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MISURA DEL LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO NELLE PICCOLE IMPRESE

Il risarcimento da licenziamento individuale illegittimo è previsto in misura diversa, nel nostro ordinamento, a seconda della legge applicabile (il Jobs Act del 2015 o la normativa precedente) e a seconda delle dimensioni dell’impresa.

Le imprese sono distinte in grandi, se occupano più di 15 dipendenti in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nella stessa provincia, oppure occupano complessivamente oltre 60 dipendenti sul territorio nazionale, o piccole (quelle che non raggiungono tali soglie).

La vecchia normativa (art. 8 legge 604/66), che si applica ai dipendenti assunti prima del 7/3/2015, prevede che nelle piccole imprese, in caso di illegittimità del licenziamento, si applichi una tutela risarcitoria da 2,5 a 6 mensilità dell’ultima retribuzione.

La norma è stata oggetto di un quesito referendario, l’8 e 9 giugno 2025, col quale si proponeva l’abrogazione del tetto massimo di 6 mensilità. Il referendum non ha raggiunto il quorum, pertanto tale norma è rimasta immutata.

In compenso, poche settimane dopo, il 21 luglio, con la sentenza n. 118/2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del tetto massimo di 6 mensilità di risarcimento previsto dalla nuova disciplina (art. 9 del d.lgs. 23/2015, applicabile agli assunti dal 7/3/2015 in poi), sempre con riferimento alle piccole imprese.

Tale norma, infatti, prevedeva che il risarcimento potesse andare da 3 a 6 mensilità. Per la Corte un’indennità stretta in un divario così esiguo era incompatibile con la necessaria «personalizzazione del danno subito dal lavoratore», anche in presenza di licenziamenti viziati dalle più gravi forme di illegittimità, senza poter rispecchiare la specificità del caso concreto e quindi costituire un ristoro del pregiudizio sofferto dal lavoratore, adeguato a garantirne la dignità, nel rispetto del principio di eguaglianza.

L’art. 9, dichiarato incostituzionale, si poneva in continuità con la norma “gemella”, l’art. 8 della l. 604 del 1966, oggetto del referendum (da 3 a 6 mensilità vs da 2,5 a 6 mensilità).

Pertanto, c’è da attendersi che sia presto dichiarato incostituzionale anche il tetto di 6 mensilità di cui all’art. 8 della legge 604/66, nonostante sia sopravvissuto quasi 60 anni, senza mai incorrere in tale declaratoria.

Attualmente, l’art. 9 d.lgs. 23/2015, prevede, dopo l’intervento della Corte Costituzionale, che il risarcimento vada da 3 a 18 mensilità, in quanto è comunque dimezzato rispetto alle grandi imprese, nelle quali va da 6 a 36 mensilità.

Entro tale minimo e massimo, la decisione del Giudice potrà essere orientata, dunque, tra l’altro, sia dall’anzianità di servizio, sia dalla gravità del vizio e dalle dimensioni dell’impresa, ricavabili da altri parametri (oltre al numero di dipendenti), come ad es. il fatturato. Infatti, per la Corte, il numero ridotto dei dipendenti non rispecchia più, isolatamente considerato, l’effettiva forza economica del datore di lavoro, specie «in un quadro dominato dall’incessante evoluzione della tecnologia e dalla trasformazione dei processi produttivi».

Ad ogni modo, ad oggi, tra riforme disordinate e continui interventi correttivi della Corte Costituzionale, è arduo avere certezze in materia di licenziamento individuale.