Il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c., è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare non solo l‘integrità fisica, ma anche la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Se inadempiente, si espone a responsabilità risarcitoria, sia per i danni alla salute (c.d. danno biologico), sia per i danni morali (o, più genericamente, non patrimoniali) subìti dai propri dipendenti in conseguenza di tale inadempimento.
Da notare che il datore di lavoro o coloro che all’interno dell’azienda ne esprimono l’autorità devono rapportarsi con i dipendenti in modo rispettoso e mai con espressioni che ne mortifichino la personalità morale. Tale idoneità deve riconoscersi non solo alle espressioni gratuitamente offensive ma pure a quelle che esprimono rimproveri o richieste con modalità inurbane.
L’obbligo di sicurezza include, dunque, il dovere di vigilare sull’operato dei propri sottoposti, delle cui azioni il datore di lavoro può essere chiamato a rispondere.
Si è affermata la responsabilità risarcitoria del datore di lavoro per condotte di mobbing, caratterizzate da una pluralità sistematica di episodi vessatori, nell’insieme adottati con uno specifico intento persecutorio, nei confronti di un dipendente, a prescindere dalla legittimità o illegittimità dei singoli atti (cfr. Cass. n. 26684 del 2017; Cass. n. 16580 del 2022).
Anche laddove non si riscontri il carattere della continuità e della pluralità delle azioni vessatorie (Cass. n. 18164 del 2018) o le stesse siano comunque limitate nel numero (Cass. n. 7844 del 2018) può comunque giustificarsi la pretesa risarcitoria ex art. 2087 c.c. nel caso in cui si accerti che le condotte datoriali inadempienti risultino comunque produttive di danno all’integrità psico-fisica del lavoratore.
È l’ipotesi qualificata come straining: una particolare forma di mobbing, nella quale non si riscontra la continuità delle azioni vessatorie, in quanto la condotta nociva può realizzarsi anche con una unica azione isolata o, comunque, con più azioni prive di continuità che determinino, con efficienza causale, una situazione di stress lavorativo causa di gravi disturbi psico-somatici o anche psico-fisici o psichici (per tutte, v. Cass. n. 3291 del 2016; successivamente v. Cass. n. 2676 del 2021; Cass. n. 24339 del 2022; Cass. n. 3692 del 2023; Cass. n. 4664 del 2024).
Di recente, tuttavia, la giurisprudenza ha ulteriormente ampliato le maglie della responsabilità datoriale, precisando che le nozioni di mobbing e di straining hanno natura medico-legale e non rivestono autonoma rilevanza ai fini giuridici, venendo comunemente utilizzate per comodità di sintesi espressiva (Cass. n. 27685 del 2025).
Pertanto, anche in caso di accertata insussistenza dell’ipotesi di mobbing in ambito lavorativo, il giudice deve accertare se sussista, comunque, un’ipotesi di responsabilità del datore di lavoro per non avere adottato tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, erano possibili e necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, fermo restando che grava su quest’ultimo l’onere della prova della sussistenza del danno e del nesso causale tra l’ambiente di lavoro e il danno, mentre grava sul datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le misure necessarie (Cass. n. 5061 del 2024; Cass. n. 33639 del 2022; Cass. n. 3692 del 2023; Cass. n.4664 del 2024).
È comunque configurabile, pertanto, la responsabilità datoriale a fronte di un mero inadempimento – imputabile anche solo per colpa – che si ponga in nesso causale con un danno alla salute o un danno morale (Cass. n. 27685 del 2025).
In particolare, è ravvisabile la violazione dell’art. 2087 c.c. nel caso in cui il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori (Cass. n.28923 del 2023).
Si resta invece al di fuori della responsabilità ove i pregiudizi derivino dalla qualità intrinsecamente ed inevitabilmente usurante della ordinaria prestazione lavorativa o tutto si riduca a meri disagi o lesioni di interessi privi di qualsiasi consistenza e gravità, come tali non risarcibili (Cass. n. 15159 del 2019; Cass. n. 16580 del 2022).
