ABROGAZIONE DEL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO DI 12 MESI SENZA CAUSALE
Col terzo quesito si domanda se si voglia abrogare la parte degli artt. 19 e 21 del d.lgs. n. 81/2015, che prevede, attualmente, la possibilità di stipulare un contratto a termine, di durata non superiore a 12 mesi, senza dover rientrare in casi particolari, definiti dalla contrattazione collettiva (c.d. causali).
Attualmente, infatti, il contratto a termine è liberamente stipulabile se la sua durata non eccede i 12 mesi (incluse proroghe e rinnovi).
Ad eccezione degli stagionali, il contratto a termine può avere una durata massima fino a 24 mesi (comprese proroghe e rinnovi), ma oltre i 12 mesi il termine è valido solo se rientra nei casi previsti dai contratti collettivi applicati dall’impresa (che a loro volta devono essere stati sottoscritti dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale) oppure se l’assunzione avviene per la sostituzione di altri lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto (ad es. in malattia o maternità).
In mancanza di tali condizioni, il contratto – dopo i primi 12 mesi – si converte a tempo indeterminato.
Per fare un esempio, il CCNL Terziario Confcommercio prevede le seguenti causali: saldi, fiere, festività natalizie e pasquali, assunzioni legate a mansioni per riduzione impatto ambientale o a prodotti innovativi o a digitalizzazione, nuove aperture, incrementi legati a progetto o incarichi temporanei, attività in località turistiche, assunzioni di soggetti da reinserire nel mondo del lavoro. Nel CCNL metalmeccanica artigiani, oltre alle attività definite stagionali perché vi sono incrementi periodici, si fa riferimento a punte di intensa attività per quantità o specificità dei prodotti, eccezionalità delle commesse, tassatività dei termini di consegna, produzioni diverse da quelle ordinarie, necessità di professionalità non disponibili in organico per soddisfare particolari commesse.
Se vincerà il SÌ, il contratto a termine (sempre fatta eccezione per le attività stagionali) continuerà ad avere una durata massima di 24 mesi, ma potrà essere validamente stipulato, sin dall’inizio, solo nei casi previsti dalla contrattazione collettiva o per la sostituzione di lavoratori assenti, pena la conversione a tempo indeterminato.
Verrà meno, dunque, la possibilità di assumere a termine – al di fuori dei predetti casi – nei primi 12 mesi di durata del rapporto di lavoro.
Inoltre, in caso di esito favorevole del referendum, verrà abrogata anche una norma transitoria, attualmente prevista per il caso in cui la contrattazione collettiva, applicata dall’impresa, nulla disponga in merito ai casi in cui sia possibile assumere a tempo determinato.
Tale norma transitoria, ad oggi, consente alle parti (datore di lavoro e dipendente), fino al 31/12/2025, di individuare, nel contratto di lavoro, le specifiche ragioni (di carattere tecnico, organizzativo o produttivo) per le quali l’assunzione (oltre i primi 12 mesi) avviene a termine.
Va poi precisato che la normativa sul lavoro a termine (estranea al quesito referendario) prevede che, salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20 % del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. Sono previste varie eccezioni (ad es. per gli stagionali, per l’avvio di nuove attività, per lavoratori over 50).
La violazione di tale precetto NON comporta, tuttavia, la conversione del contratto a tempo indeterminato, ma una sanzione amministrativa a carico del datore di lavoro.
Inoltre, va precisato che, salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine.
Infine, è importante notare che, a differenza del rapporto a tempo indeterminato, nel rapporto di lavoro a termine, prima della scadenza, le parti non possono licenziare (il datore di lavoro) o dimettersi (il dipendente), se non per giusta causa.
La giusta causa consiste in un inadempimento della controparte, di gravità tale da non consentire la prosecuzione nemmeno temporanea del rapporto, essendo venuta meno la fiducia nella correttezza dei futuri adempimenti dell’altra parte.
È invece estraneo al rapporto a termine l’istituto del preavviso (di licenziamento o dimissioni); solo dal rapporto a tempo indeterminato le parti possono recedere con preavviso (ovviamente, il dipendente può liberamente dimettersi con preavviso; il datore di lavoro deve altresì allegare una ragione giustificatrice, altrimenti il licenziamento è illegittimo, con le conseguenze analizzate a proposito del quesito n. 1 e del quesito n. 2).
In caso di recesso anticipato dal rapporto a termine, senza giusta causa, la parte che recede si espone a una responsabilità risarcitoria (come meglio spiegato nell’articolo consultabile qui).